Eccoci qui anche oggi a parlare di qualcosa di molto importante: i momenti più difficili, quelli in cui ci sembra di toccare il fondo.
Nell’articolo di oggi affronteremo, anche intimamente, quel senso di scoraggiamento completo che quasi tutti noi abbiamo provato almeno una volta e che, in realtà, può essere un trampolino di lancio per la costruzione della nostra forza interiore.
Quella volta che non parlavo più
Sono fortunato nello scrivere questo articolo, perché sul fondo ci ho passato quasi un terzo della mia vita e ho accumulato abbastanza esperienza per descrivere com’è quel luogo buio e inospitale e come levarselo di torno e andare avanti. Non mi sono trovato a toccare il fondo una volta sola… credo di poterne contare almeno sette o otto. Ho avuto my share of losing come avrebbe detto Frank Sinatra.
Due sono state le peggiori che riesco a ricordare: una nel 2010 e una nel 2012. La prima è legata a una relazione che finiva, la seconda era legata solo a me.
Quella del 2010 è la volta in cui non parlavo più. Mi sentivo talmente distrutto che, per un mese, non riuscivo nemmeno a spiccicare parola. Non riuscivo più a parlare e, ai tempi, facevo l’agente immobiliare. Avevo solo due possibilità: arrendermi o reagire. Ho, fortunatamente, reagito e sono finito sul Cammino di Santiago.
Quella volta che ero sdraiato sul tavolo del soggiorno
L’esperienza magica del Cammino mi aveva sparato fuori da quel vortice nero e mostrato che la vita ha molto, molto, molto altro da offrire. Inoltre mi aveva anche fatto capire che la mia fame di identità, il rispetto che chiedevo a me stesso per me stesso, era la via giusta da seguire.
Ma la paura ebbe di nuovo il sopravvento: invece che seguire i miei desideri più intimi che ignoravo da 25 anni, tornai a seguire i desideri di altri. Così, al posto dei viaggi e della libertà personale, tornai a incastrarmi nella “vita normale” che non mi somigliava per niente. Sia chiaro: non somigliava per niente a me.
E, piano piano, mi spensi di nuovo.
Ricordate che mi sentii di toccare il fondo nel 2010? Ecco, non era il fondo. Infatti, nel tentativo disperato di dimettermi da un posto di lavoro che non mi apparteneva, mi accorsi che non riuscivo fisicamente a fare il numero di telefono. Avevo esaurito me stesso così a fondo in una vita senza senso, che il mio corpo mi stava abbandonando completamente.
Così mi sdraiai sul tavolo del mio soggiorno, nella più totale disperazione, a ponderare solo una cosa: mi butto dalla finestra o esco dalla porta?
Toccare il fondo e affrontare la fine
Da un tavolo del soggiorno, gli orizzonti non sono molto ampi (a meno che tu non viva nel soggiorno di Fedez). Però non avevo nemmeno voglia di terminare la mia vita così, su due piedi, così ho cominciato a valutare la totalità della situazione:
- Voglio buttarmi?
- Vale la pena vivere in questo stato?
- Chi me lo fa fare di continuare?
Fin quando, nell’analizzare coscientemente la situazione completa per poter prendere la decisione, sono giunto a una realizzazione tanto semplice quanto preziosa: avevo fatto tutto io.
Tutte le scelte fatte prima e dopo quel Cammino del 2010, tutti gli errori e gli abomini da me compiuti per sfuggire alla vita senza senso che stavo cercando di condurre per paura… erano scelte mie. Ogni singola decisione, ogni singolo errore. Volente o nolente, cosciente o incosciente, ogni singolo passo lo avevo camminato io.
Quel puntino di luce dopo il toccare il fondo
Per un attimo, quella rivelazione che sembra tanto ovvia a chi è fuori (incluso il me del 2019), mi aveva dato la possibilità di pensare a una semplice cosa:
Come sono stato interamente artefice di questo disastro, posso essere interamente artefice del contrario.
Il mio casino infernale mi stava improvvisamente investendo di tutto il potere del mondo e, per quella volta, decisi che avrei rimandato di almeno un po’ la fine dei giochi. Decisi di uscire dalla porta e non dalla finestra.
E fu la scelta più grandiosa che mi trovai a fare in tutta la vita.
Ma partivo da una landa desolata e, da un posto del genere, difficilmente se ne esce da soli. La cosa migliore che feci in quel momento come prima nuova scelta diversa, fu chiedere aiuto.
Nessuno si salva da solo, tutti sono responsabili
C’è una caratteristica inquietante della depressione e delle condizioni estremamente dolorose: pensiamo di non essere capiti da chi non è in quella situazione.
Pensiamo che il nostro dolore sia speciale e unico, solo noi possiamo capire cosa proviamo. Solo noi abbiamo sofferto così tanto nella vita. E invece non è così. Tutti, dalla persona più infima al più grande dei Dalai Lama, sono passati dal momento in cui ci si sente di toccare il fondo. Nessuno escluso. Che possa piacere o no, questa è semplicemente la realtà. Ognuno di noi ha fatto esperienza di dolori più o meno grandi ed è grazie a quelli che siamo in grado di gioire, proprio per contrasto.
Ad ogni modo, chiesi aiuto a uno psicologo (a più di uno, in realtà) e trovai la soluzione perfetta nel servizio pubblico che mi offrì un terapista eccellente per un prezzo irrisorio. Dopo otto sedute, molte cose erano cambiate e partii di nuovo per il Cammino.
Alla fine di quel secondo Cammino avevo mangiato la foglia: sarei stato il totale responsabile della mia vita e, soprattutto, avrei ascoltato quella vocina che sussurrava dentro di me dietro tutte le altre voci che non mi appartenevano.
C’è uno spazio
Mi piace citare questa frase di Viktor Frankl piuttosto spesso, perché racchiude il segreto di una vita soddisfacente:
“Tra stimolo e risposta c’è uno spazio. In questo spazio si trova il nostro potere di scegliere la risposta. E nella nostra risposta si nascondono la nostra libertà e la capacità di crescere come persone.”
Viktor Frankl.
Prendere coscienza di quello spazio e, soprattutto, cominciare a usarlo, è la chiave per cominciare a costruire la nostra forza e la nostra nuova vita di fenici che rinascono a ogni avversità. Dopotutto, di vita ne abbiamo una sola e che senso ha viverla stando malissimo? Se la natura ci ha dotato del dolore e della gioia, della tristezza e dell’euforia, che vita parziale stiamo vivendo privandoci di una parte dello spettro delle esperienze?
La resilienza, comunque, ha condizioni favorevoli e alcune meno favorevoli. Prima di deciderci a costruirla o rinforzarla (a tal proposito puoi trarre qualche spunto da questo articolo su come costruire il futuro), è sempre meglio conoscerle. Così, quando arriveremo ancora a toccare il fondo, sapremo come fare a rialzarci.
Una figura stabile
Una caratteristica chiave delle persone che mostrano una resilienza più spiccata, secondo uno studio di Harvard, è stata la presenza nell’infanzia di almeno una figura adulta di riferimento con cui vi fosse un rapporto stabile. Posso confermarti personalmente che non tutti noi abbiamo avuto questa fortuna e questa differenza può rendere molto più difficile costruire la propria resilienza. Difficile, ma non impossibile.
Inoltre, questa nostra abilità è context-specific, cioè può essere specifica per alcune situazioni: per esempio, potremmo essere in grado di riprenderci da un tradimento, ma non da un abbandono. Potremmo essere bravissimi a uscire da difficoltà economiche, ma non da un lutto.
Infine, la resilienza è un’abilità che continua per tutta la vita a essere influenzata in positivo e in negativo dagli eventi. Alcuni di questi possono essere quasi ininfluenti, altri possono fare grossi danni. Non possiamo trattarla come se ci fosse garantita, una volta coltivata.
Insomma, è una delle caratteristiche più importanti che possiamo sviluppare, ma anche una delle più labili. Come possiamo garantirci la più alta probabilità di successo nella costruzione della resilienza?
La nostra filosofia
Ecco dove intervenire, nel modo in cui pensiamo e osserviamo la nostra esperienza terrena. La nostra filosofia è la più grande influenza che avremo nel mantenere un basso o alto livello di resilienza.
In realtà, ciò che pensiamo e come lo pensiamo influenzano ogni situazione e ogni decisione della nostra vita, quindi l’intervento sul pensiero è il lavoro più importante che si possa cominciare a fare per cambiare le cose.
Ma il pensiero è una macchina complessa e, soprattutto, è un meccanismo che si è costruito negli anni, sia a livello conscio che al di sotto della consapevolezza. Com’è possibile cominciare un lavoro così complesso?
Come ogni altro lavoro complesso: dal primo passo.
Tre istruzioni per cominciare
Come abbiamo appena detto, questo sarà un lavoro non semplice e richiederà una grande attenzione e soprattutto, costanza. Ma, per semplificarti la partenza, ho pensato che le prossime tre istruzioni possano essere le più utili.
Naturalmente ci sono casi in cui questo lavoro non si può proprio farlo da soli, per cui se noti che le difficoltà sono troppe, non esitare a cercare qualcuno del campo che possa aiutarti di persona.
In ogni altro caso, potresti cominciare così:
- Perdonati per gli errori che fai: quando procrastini, fai un errore, dici qualcosa che poteva essere migliore… prova per qualche giorno a perdonarti invece che trattarti male. Libererai molto spazio e molte energie emozionali, che sarai in grado di utilizzare per intraprendere azioni migliori.
- Trasforma il tuo dialogo interiore in domande: quando noti il tuo “critico interiore” fare le sue solite affermazioni, frena un secondo e prova a trasformarle in domande, per aprire orizzonti di scoperta e possibilità. Per esempio, quando la tua mente ti spara uno “Sbaglio sempre!” potresti incuriosirti e chiederti: “quando ho fatto questa cosa nel passato?” oppure “ho voglia di fare quello che serve?”
Questo tipo di domande permette alla parte del cervello dedicata al problem-solving di accendersi così da usare la tua creatività per scopi migliori dell’autocritica. - Concentrati sul progresso non sul risultato: questo serve ad evitare la trappola della perfezione, che non esiste. Concentrandoti sui passi fatti in direzione di un risultato, sei in grado di avere più controllo e meno insoddisfazione nel presente, regalandoti molte più energie da usare.
Sei resiliente?
Come facciamo a scoprire se siamo resilienti o no? Di sicuro, una parte di noi lo sa già, se n’è già accorta durante la vita quotidiana fatta di imprevisti e dolori e del modo in cui noi li superiamo o non li superiamo.
A tal proposito, comunque, ho preparato un brevissimo test per cominciare a farci un’idea di come siamo messi e in quali aree cominciare a lavorare.
Puoi accedere al test qui sotto, alla fine dell’articolo.
Io spero di non averti tediato con la mia storia e ti mando un abbraccione. Ci sentiamo alla prossima!
Severino.
Ma sinceramente non capisco veramente questi articoli, da 2 anni a questa parte ho messo questa pagina come homepage del mio browser per leggere articoli di crescita e sviluppo personale, da quando gli articoli sono firmati Severino Cirillo si legge continuamente della sua depressione, dello scappare dall’Italia ecc. ecc.
Veramente non capisco perchè si è presi questo andazzo, leggevo gli articoli di Andrea Giuliodori che mi caricavano a palla e mi davano suggerimenti pratici, adesso leggo continuamente la storia di una persona che scrive continuamente della sua depressione, non capisco a cosa possa interessare ai lettori interessati allo sviluppo e crescita personale.
È un’obiezione piuttosto interessante e hai fatto bene a farla.
Provo a darti un paio di risposte, sperando che siano chiarificanti.
– Il percorso di crescita personale è un percorso completo che include tutti i campi della vita, non solo la produttività o l’eccitazione di fare qualcosa. O meglio, si può trattare la crescita personale per settori e nessuno lo vieta, in quel modo si otterranno risultati (forse) in quei settori.
Naturalmente non tutti iniziano dallo stesso punto, nella crescita personale. C’è chi comincia da un lavoro nuovo e dall’interesse del momento, chi comincia da una necessità specifica (magari un problema con lo studio) e chi invece è veramente a zero. Queste persone, per poter cominciare, hanno innanzitutto bisogno di sapere che non sono sole e che si può uscire, anche un passo alla volta. Non sarò certo io a lasciare indietro quelle persone. La fortuna di questo blog è che è vasto e ci sono 500 articoli pubblicati di cui 8 miei :)
– Andrea scrive ancora articoli, ma a un ritmo inferiore naturalmente. La qualità del suo lavoro è rimasta invariata e, ogni volta che produce contenuto, è sempre di livello eccellente. Lui tratta, appunto, un altro settore della crescita personale per quanto, nel tempo, abbia coperto quasi tutto. Per le scelte editoriali e sulla mia presenza, devi chiedere direttamente a lui.
Ti mando un abbraccio.
Ok grazie per la risposta, non volevo mancare di rispetto a quello che hai passato e a quello che scrivi, il mio era un feedback riferito agli articoli che fino a oggi ho letto su questo sito.
Capisco il discorso che hai fatto, sulle persone che hanno bisogno di aiuto, e che come hai scritto “partono da zero”, ma appunto perche’ è un sito di crescita personale e fino a poco tempo fa ho letto articoli di tutt’altro stampo dedicati ai vari campi nella vita dove l’individuo vuole cercare di fare un passo in più rispetto alla media, non mi aspettavo di leggere articoli sul come guarire dalla depressione.
Tra l’altro se posso dissentire in un articolo precedente, hai criticato l’Italia sotto vari aspetti scrivendo che la cosa giusta è andare all’estero… ok l’Italia avrà tutti i problemi e gli ostacoli che vuoi, ma i problemi si affrontano, sono tutti bravi a scappare senza affrontare i problemi (nel caso specifico andare all’estero).
In un sito di sviluppo personale mi sarei aspettato consigli sul come affrontare e vincere le problematiche, non il consiglio di andare all’Estero perche’ in Italia fa tutto schifo.
Ciao Massimo
Ciao Massimo, come spiegato da Severino, ho scelto di aggiungere la sua “penna” ad EfficaceMente per parlare di determinate tematiche con un taglio diverso e che possa risuonare con un certo tipo di pubblico.
Non c’è nessun “andazzo”: semplicemente abbiamo ampliato la produzione dei contenuti ed è naturale che non tutti gli articoli possano funzionar per tutti i lettori. Se preferisci i miei scritti, come sempre fatto, sto continuando a pubblicare un nuovo contenuto ogni lunedì (un articolo pubblico, alternato ad una newsletter riservata agli iscritti).
Grazie comunque del feedback.
Ogni volta che sto per leggere un articolo firmato Severino Cirillo e vedo apparire la frase “ora vi racconto qualcosa di me”, entro in quella modalità che io chiamo “Netflix” ovvero : – divano – silenzio – non ci sono per nessuno – preparate i popcorn e magari una birretta (sono praticamente astemia) – che dopo, magari, avrò bisogno di tirarmi su ;-)
E questo, non perché prenda semplicemente gli articoli di Severino con leggerezza e divertimento (beh, ogni tanto capita, del resto, scrive da Dio), ma, soprattutto, perché so, che leggendo queste poche o tante righe, mi arriverà come sempre “la mazzata”, cioè, quel qualcosa di profondamente vero che riguarda in qualche modo anche me. Qualcosa su cui dovrei lavorare o riflettere seriamente, qualche consiglio (mai banale) dal quale dovrei-vorrei attingere a piene mani.
E non è poco, di visti i tempi .
Andrea, scegliendo di avere Severino fra gli autori, ha compiuto una scelta che dimostra quanto sia importante per lui questo lavoro, perché forse è vero, che sta seguendo la strada “meno battuta del bosco”, ma ciò dimostra realmente la sua voglia di esplorare a 360 gradi la crescita personale, che poi è una parte della vita, o forse è tutto, perché tutto nella vita implica crescita e cambiamento.
E, di questi tempi, sempre più saturi di para-guru che fioccano da tutte parti,
ripeto, è ORO.
P.S. Per il resto, Seve, ci sto lavorando ;-).
Ciao Doriana, ti ringrazio per il supporto molto importante. Indubbiamente il blog di Andrea era lo spazio migliore per questo tipo di argomenti e “ci siamo scelti” per visione comune, specialmente riguardante il tema che tratto qui che è appunto la felicità (anche se pare il contrario, ogni tanto).
Noi continueremo a lavorare come sappiamo, anche tenendo conto di tutti i feedback che riceviamo. Saremmo stupidi a ignorare cose che per noi sono utilissime.
Ti mando un abbraccio e ti ringrazio ancora
Veramente un bel articolo, complimenti, i consigli sul dialogo interiore e sul perdonare i propri errori sono veramente preziosi, è quello che sto provando a fare da qualche settimana a questa parte e mi sembra di vedere una piccola luce in fondo al tunnel, finalmente. Anche io sto passando un “2010” come il tuo, nel senso che sono stato lasciato da poco dopo una lunga relazione e la cosa mi ha un “pochino” devastato, fa veramente piacere sapere che se ne esce prima o poi.
Andri, per un po’ sarà tempo per il dolore, probabilmente. L’unico consiglio che mi sento di darti è di renderlo il benvenuto. Perché, nelle situazioni dove il dolore è giusto… è giusto provare dolore. Ci vorrà un po’ perché le perdite son sempre dei prezzi che paghiamo, ma sì, se ne esce.
Sono certo che ne uscirai e spero che avvenga presto. Tieni bella puntata quella luce e seguila, la direzione è quella lì :)
Un grazie di cuore per questi articoli illuminanti. Li leggo e rileggo ed ogni volta scopro qualcosa su cui lavorare. Mi danno la forza di cambiare e di non essere passivo o accettare situazioni spiacevoli createsi nel tempo da cui voler fuggire.
Invece da questi articoli traggo spunti , mi metto in discussione e la forza di volontà di voler reagire e migliorare.
Grazie
Antonio, mi fa piacere infinito leggere questo tipo di commenti. Spero di poter continuare ad aiutarti nel tuo percorso con i miei contenuti. Ti mando un forte abbraccio.
Grazie Severino, come sempre un articolo che si fa leggere col massimo dell’interesse.
Inoltre non si parla mai abbastanza di depressione: se posso permettermi, può aiutare anche chiedersi “cos’è che amavo fare quando stavo bene?”: potrebbe essere un possibile punto di partenza.
Michele
Ciao Michele, grazie a te. Cambi di prospettiva sono sempre utili per cominciare a muoversi in nuove direzioni. Diciamo che quello può funzionare, se ci sono stati momenti felici prima. Ma in qualche modo, anche nelle vite peggiori, penso che un momento felice lo si possa trovare per quel tipo di prova e uscirne (come primo passo ovviamente :) )
Io credo che la vita sia fatta di 360 ° e con diverse sfaccettature. Ognuno vive le proprie esperienze in modi e tempi diversi.
Il bello della vita e’confrontarsi e aiutarsi.
Per me l’articolo di Severino è molto bello e spunto di riflessione anche per chi, magari non necessita di aiuto nell’immediato; è come un tesoro da tenere nascosto e tirarlo fuori quando se ne ha bisogno.
Grazie
Sarò in controtendenza, ma io ho apprezzato questo articolo dal taglio più psicologico e introspettivo, e meno da omini perfettini superefficienti.
Io conosco Efficacemente da molto più di 2 anni, la prima volta che venni qui era il 2013 circa. Ho trovato molti spunti interessanti ma questo sito presentava un limite, che è stato quello che mi ha portato ad allontanarmene.
Non per tutti “crescita” è sinonimo di iniziare un business online, creare una startup, o dare 8 materie all’anno.
Per me che ho terminato gli studi universitari oltre 10 anni fa, e sono sempre stato super-organizzato e puntuale nello studio, “pomodoro” è sinonimo di insalata (che mangio ogni giorno a pranzo), non di tecnica di studio.
Per me che non ho ambizioni da ingegnerino precisino in giacca e cravatta che apre la startup nel settore ICT o dei servizi alle aziende (anche perchè non sono ingegnere!!), non me ne frega nulla di leggere in continuazione neologismi americani per essere superproduttivo e superconcentrato.
Leggere settimnalmente di pomodori, to-do list infinite e tabelline da rispettare al millisecondo, non porta nulla di utile alla mia vita perchè non ho quel genere di obiettivi. Io sono uno che vive di sensazioni, emozioni, colori, non di numeri!!
Per certe persone “crescita” potrebbe voler dire qualcosa di molto più semplice, non misurabile in termini di voti su un libretto, di conto corrente bancario o di contratti firmati. Qualcosa che ha più a che fare col proprio benessere psicofisico, coi rapporti che instauriamo col prossimo, con la nostra cerchia di amicizie, con la validazione sociale, con la reputazione che abbiamo, con i fantasmi del nostro passato che ancora ci perseguitano, con certi tarli mentali che non ci danno pace, con certi blocchi che vorremmo superare.
Quindi, che ben vengano anche questi articoli, anzi se proprio devo essere sincero, spero di leggerne ancora e ancora e ancora!!
Che di pomodori ne ho già a sufficienza in frigorifero! :-D
Ciao Geralt, sono felice di aver letto questo commento. La fortuna è che sicuramente nei prossimi mesi ci sarà altro materiale in pubblicazione, quindi almeno per un po’ questa fame sarà saziata (cercando da parte mia di mantenere il livello).
In questo caso ho preso un po’ tanto spazio con la mia storia personale, ma era un argomento su cui poteva dare una mano.
Ti ringrazio ancora e ti mando un grosso abbraccio.
Grazie. Questo è un articolo prezioso. E avevo proprio bisogno di leggerlo in questo periodo.
P. S my share of losing è bellissima ;)
Mi trovo in perfetta sintonia con Geralt. Anche per me la “crescita personale” ha molto più a che fare con un lavoro intimistico che ci metta in condizione di superare, o perlomeno convivere in modo più sereno, con i nostri limiti caratteriali ed emozionali piuttosto che andarsi a focalizzare su tabelle da rispettare o tecniche per renderci sempre più iperproduttivi.
Anch’io abbandonai diversi anni fa questo spazio per scarso interesse nei confronti degli argomenti trattati, e mi fa dunque piacere leggere oggi articoli di questo differente tenore. Col tempo, devo dire in tutta onestà, ho rivalutato in maniera positiva alcune posizioni per me allora troppo estremistiche di Andrea, ma fondamentalmente la mia ricerca su queste tematiche rimane più legata a questioni di natura psicologica allineate soprattutto al filone della resilienza. Capacità questa essenziale per poter crescere con consapevolezza trasformando ogni difficoltà in un arricchimento interiore, ed è proprio per questo che mi sento molto più affine al modo di interpretare questa tematica con chi ha vissuto, come me del resto, certe esperienze in modo così profondo come Severino.