Esiste la formula magica del successo? È sufficiente applicare semplici regole per ottenere i risultati desiderati? Un articolo sulle regole del successo.
“Nessuna regola per il successo funzionerà se non la farai funzionare.”
Anonimo.
L’intero mondo della crescita personale si basa sull’idea che sia possibile codificare il successo, trovare la formula magica per raggiungere i propri obiettivi ed ottenere i risultati sperati.
Personaggi come Napoleon Hill, Anthony “Tony” Robbins o Robin Sharma hanno studiato per decenni i più grandi uomini di successo per trovare le caratteristiche che li accomunano e per distillare la quintessenza del successo.
Recentemente, blogger di successo come Steve Pavlina o Leo Babauta hanno portato la crescita personale ad un livello più privato e pratico, fatto di piccoli esperimenti quotidiani, ma tutti finalizzati a rispondere alla solita domanda: qual’è la formula del successo?
Credere che per raggiungere il successo sia sufficiente rispettare una serie di regole ed abitudini è un tipico approccio a stelle e strisce che mi ha sempre affascinato ma mai convinto del tutto. Ecco alcuni motivi del mio scetticismo:
- Se esiste un’unica formula magica per il successo, questo significa che dovrebbe esistere una sola forma di successo. In realtà il concetto di successo è molto legato alla nostra prospettiva personale. Credo che il successo sia ciò che definiamo tale.
- Se è sufficiente rispettare delle semplici regole ed abitudini, allora perché il vero successo è così raro? Elementi come la casualità, la determinazione, l’auto-disciplina e la motivazione giocano un ruolo chiave nella strada verso il successo e devono sempre essere tenuti in dovuta considerazione.
- Pensare che il successo sia il risultato di una formula matematica fatta di regole ed abitudini è un approccio troppo rigido, che ci fa dimenticare che sapersi adattare alle situazioni e ai contesti in cui viviamo ed operiamo è forse l’unica vera chiave per il successo.
Andre… insomma vale sempre la vecchia regola delle botte di mulo?!
Nonostante i miei dubbi, rileggendo il mio diario personale e riflettendo sui miei successi, ma soprattutto sui miei insuccessi, non riesco a fare a meno di osservare un filo conduttore. In parole povere, ogni volta che ho raggiunto i miei obiettivi ho seguito, in un modo o nell’altro, una serie di passaggi… un “algoritmo”: il piccolo algoritmo del successo.
1. Obiettivo
Ogni successo nasce da un’idea, un’idea che si insinua nella nostra mente e giorno dopo giorno si arricchisce di dettagli, di immagini ed emozioni. Ma questa idea per esserci di aiuto deve trasformarsi in un obiettivo.
Definire un obiettivo significa tramutare quell’idea iniziale in un traguardo concreto, i cui elementi essenziali sono:
- Un risultato oggettivo e misurabile. Il cosa.
- Una scadenza temporale entro cui ottenere quel risultato. Il quando.
- Una motivazione valida. Il perché.
- Un piano di azione. Il come.
La definizione degli obiettivi è la condizione necessaria per qualsiasi percorso di successo. Senza un obiettivo, l’algoritmo non riesce ad innescarsi.
2. Azione
Non c’è obiettivo che possa essere raggiunto senza compiere almeno 1 piccola azione. Se l’obiettivo innesca il nostro percorso e ci conferisce MotivAzione, l’azione mirata, costante e consistente è lo strumento fondamentale per raggiungere le nostre mete.
Alla base di ogni piano di azione di successo vi sono infatti 3 ingredienti:
- Il focus. Per raggiungere i tuoi obiettivi la tua azione deve essere mirata. Immagina di dover trapassare un pezzo di cartone: utilizzeresti un cucchiaio o un coltello? L’azione mirata, come un coltello appuntito, ti permette di raggiungere i tuoi obiettivi con maggiore efficacia.
- la quantità. Appena definito un obiettivo siamo pervasi da un’incredibile energia che ci spinge a bruciare le tappe del nostro percorso. Questa energia svanisce presto così come le probabilità di raggiungere i nostri obiettivi. La nostra azione deve essere costante: per ottenere i risultati sperati dobbiamo accumulare esperienza, giorno dopo giorno. Secondo il giornalista scientifico Malcom Gladwell per diventare un vero fuoriclasse nel proprio campo servono almeno 10.000 ore di esperienza. Tu a che punto sei?
- la qualità. Risultati eccelsi derivano non soltanto da un’azione costante, ma anche da un’azione consistente. Agire svogliatamente corrisponde a non agire affatto. Ogni volta che devi tornare ad allenarti, a studiare o a lavorare sul tuo progetto, ripensa al perché lo stai facendo e cerca di ricreare l’entusiasmo dei primi giorni.
3. Premio
Ogni “algoritmo” per funzionare a puntino deve avere un’istruzione che lo concluda e che allo stesso tempo lo aiuti a riattivarsi con la stessa efficacia la volta successiva.
Nel caso del piccolo algoritmo del successo questa azione è il premio. Ogni traguardo verso la tua meta, per quanto piccolo, deve essere festeggiato. Il tuo cervello deve poter collegare il raggiungimento di risultati positivi con emozioni altrettanto positive.
Crea un tuo rituale del successo, definisci fin dall’inizio con cosa ti premierai una volta raggiunto il tuo obiettivo; non solo: decidi anche quali premi ti concederai durante le tappe intermedie.
La nostra mente è alla continua ricerca del piacere, utilizza questa sua “debolezza” a tuo vantaggio: usa il piacere per premiare i tuoi risultati verso la felicità.
Quali sono i tratti comuni delle tue storie di successo? Quali azioni, atteggiamenti o strumenti hai utilizzato per raggiungere i tuoi obiettivi? Raccontamelo nei commenti. Grazie.
Ps. A proposito di metodi per realizzare i tuoi obiettivi.
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Foto di davestfu
Bellissimo articolo!
Grazie mirco ;-)
Complimenti, articolo interessantissimo e fonte di riflessione.
Ciao!
Grazie Marina!
Andrea.
Grazie ancora Andrea per questo bellissimo articolo; mi ha particolarmente colpito in senso positivo la parte del premio. Fino ad oggi mi ero testardamente convinto che il premio corrispondesse con la meta, però facendo così la motivazione tende a calare (un po’ come la concentrazione se l’argomento non ci interessa) ma invece ripartendo la meta in più piccole tappe, che sono comunque dei successi per l’impegno che si è avuto,e festeggiandole si va avanti con più sprint e probabilmente si hanno più possibilità di raggiungere il gran finale :-)
Ciao!
Ciao Marco,
soprattuto all’inizio del percorso verso un obiettivo, premiare i piccoli traguardi è fondamentale.
Buona giornata,
Andrea.
Trovo interessante sopratutto la parte in cui parli del premio che dobbiamo riconoscerci una volta raggiunto l’obiettivo. E’ quanto da me sperimentato 5 anni fa quando mi sono posta l’obiettivo di smettere di fumare. Premetto che fumavo da 10 anni, negli ultimi tempi anche un pacchetto al giorno…decisamente troppo. Ad ogni modo, ho deciso di accumulare i soldini che avrei speso in sigarette per spenderli in altre cose per me gratificanti che diversamente noon avrei speso. Prefissavo dei tempi specifici, come per esempio una settimana al termine della quale come premio decidevo di andare a cena fuori, seconda settimana una maglietta terza settimana un altro oggetto e cosi via.
questo sistema insieme alla lettura di un famoso libro di Allen Carr mi ha aiutato a smettere di fumare, dopo 10 anni che potevo considerarmi se non una fumatrice incallita quasi, ho raggiunto un obiettivo per me molto importante.
Come sempre i tuoi consigli sono molto utili e nella realtà davvero applicabili. Complimenti.
Ciao Romi,
sono molto felice per il tuo obiettivo raggiunto: complimenti.
Ottima anche la strategia seguita.
A presto,
Andrea.
“Trovo interessante sopratutto la parte in cui parli del premio che dobbiamo riconoscerci una volta raggiunto l’obiettivo…”
ovviamente qui mi riferisco al raggiungimento dell’obiettivo a tappe non l’obiettivo finale, spero si sia capito….:-)
Ciao Andrea!
Aggiungerei: ognuno è fabbro della propria vita e raccoglie nella misura in cui ha seminato. Ottima giornata!
A presto :)
Grazie come al solito per i tuoi commenti preziosi Michele.
Andrea.
Sono d’accordo su tutto.Secondo me “l’anello debole della catena” risiede nella quantità dell’azione, hai ragione ha descrivere il calo della quantità d’energia che interviene nei giorni successivi a un progetto. Ci vorebbero delle forti motivazioni e delle profonde credenze per continuare imperterriti nei nostri progetti, peccato che tutto ciò in cui ci è profondo, venga governato dal nostro subconsio e, purtroppo “addomesticare” il nostro subconsio è veramente difficile e tentare di fregarlo è ancora peggio. Qualcuno parla di regressioni ipnotiche per condizionare la parte più profonda di noi, ma penso che qualsiasi condizionamento o terapia somministrata non possa funzionare se non c’è il piacere da parte del soggetto a riceverla.(vabbè che qui parliamo semplicemente di consigli per il quotidiano :-))
Comunque, se mi trovi quel quid per bypassare le “catene” del subconsio, allora ti nominerei Guru N°1 della crescita personale :-)
Penso che nel tuo algoritmo podeva esserci anche dello spazio da dedicare al condizionamento ambientale, penso che l’ambiente sia essenziale per far evolvere o distruggere una persona.
Ahahaha.. il guru no perfavore! ;-)
Concordo con te: è incredibile il modo in cui riusciamo a metterci i bastoni tra le ruote!
Quel quid di cui parli è proprio il “piacere” a mio avviso: ho provato a fare una riflessione a riguardo in questo articolo.
La differenza tra felicità e piacere
Molto bello anche questo articolo! Grande Andrea! :) Se prendiamo ad esempio un calciatore di successo… egli sa prima di scendere in campo quale sia il miglior atteggiamento interiore per affrontare al meglio e dare il meglio di se. E così, una volta, cerca di perpetuarlo per ogni evento anche se, l’emozione o malori fisici possono limitarne… il successo! :) Ma un’idea in testa, bella chiara ce l’hanno!
Grazie per il commento Lorenzo: molto interessante!
Andrea.
Bellissimo articolo Andrea. Forse te l’hanno già chiesto in molti ma… hai mai pensato di raccogliere gli articoli in un libro?
Un saluto!
Ciao Dodo,
ho pensato recentemente a creare una sorta di “bignami del Blog EfficaceMente” da distribuire gratuitamente agli iscritti del blog.
Ti aggiorno.
Andrea.
@Romi: davvero interessante la tua esperienza, grazie per averla condivisa. ;-)
Ciao Andrea
ciao Andrea.Giusto il punto sul successo e le sue forme, non ne esiste Uno valido per tutti. Però non è vero che il successo sia raro anzi e vero il contrario, il mondo è pieno di persone di successo proprio perchè ognuno ha un suo obiettivo che definisce il suo standard di successo.
Per me vale la regola di Robbins: Definisci l’obiettivo (imperfetto che sia), prova sul campo (azione!), correggi quello che non funziona, flessibiltà (adatta l’obiettivo alle opportunità).
Grazie mille per il tuo commento roberto!
e complimenti per il tuo blog.
Andrea.
Con poche e semplici (ma non certo “povere”) parole, hai saputo districare il filo conduttore lungo il quale si incagliano spesso le mie idee. Mi sei stato di grande aiuto ed d’ispirazione. Grazie!
Grazie a te per il commento Paoletta.
Andrea
Ciao Andrea. So che può sembrare banale commentare con la classica frase di complimenti, ma in pochi punti ed in maniera coincisa hai scritto veramente,
un articolo eccezionale e di grande utilità!!
Ciao Pietro,
Grazie per le tue parole: molto motivanti.
Non sempre escono dei capolavori… ma ci si prova! ;-)
Andrea.
Bravo, ottimo articolo!
Non l’avevo ancora letto … sono arrivato qui dai link dell’articolo odierno (test “Vincente o Frignone” … ;D )
E condivido al 100% quello che hai scritto … non solo le riflessioni sull’approccio americano (comunque talvolta molto ispirante) ma anche quelle sui miei successi … e il loro contrario … e devo dire che spesso non ho tenuto in debita considerazione il punto tre… il “festeggiamento” … così fondamentale per creare l’associazione “sforzo disciplinato -> obiettivo raggiunto -> piacere/soddisfazione”…
“Qual è”, senza apostrofo. E se come obbiettivo da raggiungere ci ponessimo quello di imparare l’ortografia?
Ciao Niko,
grazie dell’osservazione. La questione è più complessa di quanto si possa pensare.
Secondo l’Accademia della Crusca l’esatta grafia di “qual è” non prevede l’utilizzo dell’apostrofo in quanto si tratta di un’apocope vocalica. Al contrario, secondo lo studioso Franco Fochi essendo il “qual” tronco una cosa storicamente morta, c’è solo il “quale” da elidere; perciò va utilizzato l’apostrofo. In generale in letteratura ci sono scrittori che lo utilizzano e scrittori che non lo utilizzano. Il più famoso tra i fautori del “qual’è” è Manzoni che ad esempio nel capitolo XXIII dei Promessi Sposi scrive: “Dite voi, se lo sapete, qual’è questa buona nuova che aspettate da un par mio”.
Per quanto mi riguarda, conoscendo questa disputa secolare, preferisco concentrarmi sui contenuti, così utilizzo indifferentemente le espressioni “qual è” e “qual’è”.
Ciao Andrea, il tuo post é molto interessante e mi é stato di grande aiuto, eppure non riesco a mantenermi costante nel fare le cose che mi prefiggo per raggiungere il mio obiettivo. Premetto che cerco di fare tutto quello che posso anche quando sono molto stanco e, se non riesco a compiere il mio “piccolo passo” verso l’obiettivo prefisso mi sento molto frustrato. Meglio sforzarsi comunque nonostante il disagio della stanchezza o riposarsi quando c’é bisogno a discapito della costanza?